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Cattura più amici la mensa che la mente: questo, che potrebbe sembrare lo slogan di un grande chef, è in realtà una frase di Camillo Benso Conte di Cavour, che detta da lui suonava piùo meno:
Plures amicos mensa quam mens concipit.
Cavour era talmente convinto delle virtù diplomatiche di un buon pranzo e di una buona bottiglia che, quando un suo diplomatico partiva per una capitale straniera, si accertava che nel bagaglio ci fosse anche qualche bottiglia di Barolo. A dire il vero il Barolo lo produceva proprio lui, un ottimo Barolo vinificato con i consigli del famoso enologo francese Odart. Cavour teneva a tal punto al cibo che la sera del 29 aprile 1859, respinto l’ultimatum dell’Austria che intimava al Piemonte di smobilitare, vergato l’orgoglioso proclama di guerra e date le ultime istruzioni al generale Govone, sembra disse:
“Alea iacta est (oggi abbiamo fatto la storia) e adesso andiamo a mangiare”.
Se vogliamo curiosare nella sua infanzia, possiamo affidarci alla parole scritte dal padre in una lettera alla moglie:
“Nostro figlio è un ben curioso tipo. Anzitutto ha così onorato la mensa: grossa scodella di zuppa, due belle cotolette, un piatto di lesso, un beccaccino, riso, patate, fagiolini, uva e caffè. Non c’è stato modo di fargli mangiar altro! Dopodichè mi ha recitato parecchi canti di Dante, le canzoni del Petrarca… e tutto questo passeggiando a grandi passi in vestaglia con le mani affondate nelle tasche”.
Il piatto preferito dal giovane Cavour era un semplice riso, condito di burro e parmigiano, arricchito con pezzetti di pomodoro saltati in padella e uova frittellate. Per sposare tutti questi ingredienti la pietanza era passata in forno per alcuni minuti e servita irrorata con sugo di arrosto ristretto. Cavour riteneva che il gusto del suo riso veniva esaltato se annaffiato da una bottiglia di Barolo.
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Oggi, il nome del grande statista piemontese viene usato anche nella cucina internazionale per designare due tipi di guarnizione, ispirati dalla cucina del Piemonte. La prima accompagna scaloppine di vitello e consiste in fettine di polenta di farina gialla fritte o infornate, su cui vengono messe le fette di carne. La seconda accompagna grossi tagli di carne arrostita, e consiste in crocchette di semolino fritte.