4 Maggio 1949

Il racconto dell’incidente aereo che costò la vita al Grande Torino, è tratto dalla prima pagina della stampa del 5 maggio 1949. “Erano come soldati che tornano all’accampamento i giovanotti del Torino che erano stati a battersi sul campo di Lisbona (…) Erano spensierati e semplici anche se si sentivano avvolti dall’ammirazione e dall’affetto della gente (…) Come soldati sono caduti, spensierati, semplici, colti a tradimento sulla soglia dell’accampamento (…) Alle 17,05 preciso, improvvisamente il ricevitore del campo taceva. (…) Alcuni clienti del ristorante che si trova quasi sul piazzale (di Superga, ndr), udivano uno strano rumore. Era come se una grossa macchina, più che un camion, una grossa cilindrata americana venisse su a tutta velocità verso la Basilica. Ad un tratto quel rumore si cangiava in un altro rumore secco, indefinibile. Poi più nulla. (…)

Un automobile arrivava a velocità pazesca dal piazzale e si inchiodava con una brusca frenata davanti al ristorante. Lo sportello s’apriva violentemente e un signore ne usciva stravolto gridando “un aereoplano è caduto dietro la Basilica, bisogna telefonare! Bisogna chiamare soccorso. Poi entrava nel locale e precipitosamente avvertiva i Vigili del Fuoco di Torino. Erano le 17,12. (…) “Chi sono, da dove verranno?”, erano queste le domande che rimbalzavano di bocca in bocca. Sotto la pioggia, al riverbero degl ultimi guizzi delle fiamme, tra il fumo, carabinieri ed abitanti di Superga si aggiravano smarriti. Ad un tratto qualcuno scorgeva sul terreno, accanto ai resti dei corpi due magliette granata con lo scudetto tricolore. “E’ l’apparecchio del Torino! Sono i giocatori del Torino che vengono da Lisbona!” La notizia subito si diffondeva a Superga, correva giù per frazioni e casolari in tutta la collina. E attraverso il telefono arrivava in città. (…) E la notizia tremenda piombò all’improvviso tra la gente che percorreva i portici lungo le vie affollate del centro. Giunse come una folgore, si diffuse rapidissima. “L’apparecchio del Torino è caduto a Superga. Contro la Basilica”. Una frase sconnessa, piena di enorme stupore. (…) La saracinesca del bar Vittoria in via Roma si chiuse, lentamente e senza rumore, si spensero le luci nell’interno. Il bar di cui Ossola e Gabetto erano proprietari. Dunque, era vero”.

Fonte: La Stampa, prima pagina, giovedì 5 maggio 1949

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